venerdì 15 giugno 2012

Chi odia il biscotto non ama il calcio


Tutti ora hanno paura del biscotto, ma io dico che chi odia il biscotto non ama il calcio.
Potrà amare lo sport, ma non ama il calcio, che è prima di tutto un gioco, con regole sue, più o meno scritte, rispettate, ortodosse e apocrife.
La possibilità sempre in agguato di un accordo a reciproco vantaggio è una di queste, e non deve stupire.
Il motivo è che l'essenza vera del calcio è nel pareggio.
Non si pareggia nel volley, nel basket, nel baseball, football, lo si fa poco nel rugby e nel cricket.
Sul pareggio il calcio ha invece costruito la media inglese e l'epica del gioco all'italiana.
Ha santificato la tattica, che è metodo di comportamento in campo e fuori.
Ha esaltato gli attaccanti, ma in realtà tutti sanno che non si va da nessuna parte senza una buona difesa.
Senza pareggio non sarebbe un gioco diverso, ma un altro gioco.
Sarà per questo che agli americani non piace.
Roba da europei, quell'indefinitezza per cui si può nè vincere nè perdere, uscire dal campo tutti soddisfatti e magari nemmeno troppo sudati.
Il pareggio introduce la diplomazia nel gioco, e una volta fatto questo il resto viene da sè.
Anche le combine, che tali non sono se libere dal tanfo delle tabaccherie di casa nostra o dei tanti uomini-busta che attraversano spogliatoi e sedi sociali.
I biscotti cucinati in campo, perché si può uscire affratellati nel segno della croce calcistica, quelli hanno invece una fragranza che chi ama il calcio per ciò che realmente è capirà sempre.
Anche mentre bestemmia e stramaledice quegli infami che si sono spartiti la torta a suo danno.

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