venerdì 1 febbraio 2013

A Ravenna licenziano e riassumono. Salario -30%


Non ci voleva poi molto a capire che inseguire la Cina sul piano dei diritti e del costo del lavoro avrebbe portato la Cina in Italia.
Non in termini di tassi di crescita naturalmente, ma di progressiva perdita di investimenti e quindi di produttività e capacità di generare valore aggiunto.
Le destre italiane, tecniche e politiche, hanno infatti deciso di affrontare il tema della competizione globale non attraverso la pressione su ricerca e innovazione, formazione delle lavoratrici e dei lavoratori, internazionalizzazione del sistema produttivo nel suo complesso, come sarebbe stato proprio di un paese ad economia avanzata, ma al contrario puntando sulla riduzione dei costi, e quindi su produzioni progressivamente depauperate, sulla demolizione del welfare e del sistema pubblico di istruzione, sullo spostamento della riproduzione della ricchezza nella rendita e nella speculazione.
Sono partito da qui perchè altrimenti non è possibile comprendere come siano possibili ordinarie storie di dumping interno, causate da un complesso normativo fondato sull’idea che debba sempre essere possibile ricattare il mondo del lavoro per ridurne aspettative e capacità di difesa dei propri diritti e livelli retributivi.
Fa parte di questo complesso normativo la legge 30, che moltiplica all’infinito le tipologie contrattuali e individualizza di fatto il rapporto di lavoro, l’assenza di democrazia sindacale nei luoghi di lavoro, che unita all’art.8 rende sempre possibili erga omnes contratti peggiorativi, il limite storico al diritto di rappresentanza sindacale e la divisione fra aziende sopra e sotto i 15 dipendenti, la Bossi-Fini, che determina un esercito di lavoratori in nero sottoposti al peggiore dei ricatti, e ora la modifica dell’articolo 18, e via così avanzando in un elenco infinito, alimentato dalla crisi in corso.
Per questo noi proponiamo di limitare le forme contrattuali e il numero dei contratti nazionali di lavoro, di abrogare l’art.8 e la riforma dell’articolo 18, della legge 30 e della Bossi-Fini, di introdurre un reddito minimo garantito per tutte e tutti, di portare e riportare i diritti sindacali in tutte le realtà produttive, comprese quelle medio-piccole.
Perchè riteniamo che la contrazione dei salari comporti una riduzione della domanda interna, e quindi contribuisca ad avvitare la crisi su se stessa, che un mondo del lavoro senza voce e diritti sia un pericolo per lo stato della democrazia, ma anche un handicap di medio periodo per lo stesso sistema produttivo, che l’impresa resa libera di inseguire i peggiori spiriti animali del mercato guadagni vantaggi effimeri che si traducono presto in disastri complessivi.
Quando parliamo di cambiamento del paese intendiamo soprattutto questo, e quando parliamo di sinistra di governo intendiamo che il nostro tempo deve essere questo, perchè altri 5 anni di Berlusconi o Monti non possiamo permetterceli.
Poi sono pronto a continuare la discussione.
Resta inteso, in conclusione, che il mio giudizio su Sani 2000, che rincorre al ribasso il costo del lavoro, dopo aver avuto nel nostro territorio la possibilità di realizzare un intervento immobiliare di una certa dimensione, che l’ha poi portata al monopolio del cinema cittadino, è uguale all’altro che la riguarda per le politiche tariffarie. Inqualificabile.

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