mercoledì 7 novembre 2012

Una legge elettorale inaccettabile


E’ possibile cambiare una legge elettorale a 6 mesi dal voto per impedire ai probabili vincitori di confermarsi tali?
In una democrazia occidentale probabilmente no, in Italia sta per accadere per la seconda volta in meno di un decennio, e sempre grazie all’intesa fra PDL, Lega e UDC.
L’altra volta fu il porcellum, e l’obiettivo era minimizzare le perdite e puntare sull’instabilità, stavolta è il rutellum, e ciò che ci potrebbe aspettare è la palude neo-democristiana, votata al transito del nocchiero Monti.
Ora diranno che non sarebbe etico consentire a chi abbia il consenso di un terzo del paese di godere di un’ampia maggioranza parlamentare.
Oppure aggiungeranno che non si può correre il rischio che in virtù della frammentazione del sistema politico Grillo possa risultare vincitore delle elezioni e quindi autonomamente in grado di formare il governo.
Qualcuno si ricorderà anche delle virtù della rappresentanza, ingiustamente liquidate in 20 anni di bipolarismo semi-maggioritario, che potranno certo essere ancor più esaltate della reintroduzione della preferenza multipla. 
Una terna, per essere precisi, con almeno una donna, per essere corretti.
E in mezzo a tutte queste dotte disquisizioni ci porteranno al voto come in un gioco finto, con il plauso di chi ama le parti in commedia assegnate ai tempi della rimpianta Prima Repubblica. 
Democristiani al governo e rivoluzionari all’opposizione, gli uni per restarci e gli altri pure, senza il rischio di colpi di scena o di testa.
Contento Napolitano, contento Casini, contenti Alfano, Maroni e tutta la compagnia, contenti anche Grillo e i tanti funamboli della Sinistra di Opposizione, per non parlare naturalmente dei Mercati.
Si blinda la democrazia, riducendola a mera forma immutabile.
E’ necessario accettare tutto questo, la riemersione della balena bianca dagli abissi della Seconda Repubblica?
Naturalmente no, soprattutto se si crede che in gioco non sia il futuro del centrosinistra, ma quello dell’Italia, che di tutto ha bisogno fuorchè di continuità con la sua storia recente e passata.
Se il PD crede nelle sue ragioni, stacchi la spina al governo e si vada subito al voto, senza riporre inerti il proprio destino nelle mani di personaggi come Casini, confidando magari in improbabili mediazioni dei più alti livelli istituzionali.
In queste settimane siamo tutti impegnati nelle primarie, che promettono agli italiani di conoscere programma e leader di almeno una delle coalizioni in campo.
Non vorremmo dover dire che abbiamo scherzato.

domenica 4 novembre 2012

L'inutile dibattito su Blair


La cosa stravagante non è che nel 2012 il centrosinistra italiano si divida su Tony Blair, ma che ne discuta.
Se infatti sul personaggio la storia avrà modo di dire la sua, probabilmente senza particolare benevolenza, non può esserci invece alcun dubbio sulla sua totale estraneità alle sfide del tempo presente.
Blair ha strappato la Gran Bretagna ai tories post-tatcheriani, sulla base dell'intuizione che il pensiero liberista fosse ormai tanto egemone nella società anglosassone da non poter essere discusso, ma tuttalpiù addolcito, reso cool da una nuova generazione di dirigenti laburisti cresciuti fuori dalle macerie delle sconfitte degli anni '70 e '80.
Non ha cambiato direzione, ma ha provato a rendere più confortevole il tragitto, e forse a renderlo possibile per qualcuno in più.
Peccato che la direzione fosse la crisi odierna, sulla quale la terza via e il new labour, tornato non a caso piuttosto old stile, ammutoliscono, perché rappresenta esattamente la negazione  di tutta l'impalcatura ideologica delle sinistre di governo anni '90.
Il punto quindi non è e non può essere il posto di Blair nell'album di famiglia, dove pure dovrebbe stare dalla parte dei parenti di cui ci si vergogna un po', come conviene a uno che ha portato il proprio popolo in una guerra inutile sulla base di consapevoli menzogne.
Il punto è se si possa anche solo immaginare di uscire dalla crisi attraverso ricette economiche e sociali che hanno contribuito a portarci nella situazione attuale, e di cui Blair fu convinto sostenitore.
Naturalmente no, e infatti in tutta Europa e nel mondo la sinistra parla d'altro. 
Parla, sostanzialmente, la lingua di Vendola.
Se in Italia non è così, e si pensa di andare avanti per suggestioni, ammiccamenti e importazione di modelli scaduti, decisamente abbiamo un problema.
A proposito. Abbiamo già avuto un blairiano di ferro, peraltro in tempo utile. 
Era il rottamando Massimo D'Alema. 
Dio li fa e poi li divide.

giovedì 1 novembre 2012

A Ferrara c’è un assessore. Volgare e omofobo. Renziano, of course


A Ferrara c’è un assessore. Uno di quelli giovani, professore universitario, dinamico e con la passione dei social network. Renziano, of course. Di nome fa Luigi Marattin.
Ieri sera decide di seguire la trasmissione di Lilli Gruber, ospite Nichi Vendola, che esprime un giudizio non lusinghiero su Blair.
Il nostro non ce la fa più, impugna la tastiera e pubblica su FB: 
Vendola a La7: "Renzi perdera' le primarie anche perche' ha come modello Tony Blair, la figura più fallimentare della storia della sinistra europea, che ha sempre perso e fatto perdere". Nichi, per usare il tuo linguaggio, ma va' a elargire prosaicamente il tuo orifizio anale in maniera totale e indiscriminata”.
Qualcuno si arrabbia, altri fanno notare che stile e linguaggio mal si addicono a chi rivesta un ruolo istituzionale, e il sig.Marattin insiste:
Gentile sig.xxx, esatto, non ho assolutamente intenzione di scusarmi. Il Presidente Vendola ha fatto un'affermazione clamorosamente fuori luogo e non veriteria, e pertanto - sfruttando il fatto di essere su un social network e non in una sede istituzionale - l'ho mandato a dare via il sedere, senza utilizzare parolacce. Avrei fatto la stessa cosa se avesse detto un'inesattezza lei, o avrei accettato di buon grado la stessa cosa se a fare un'affermazione errata fossi stato io. Se invece si tira in ballo l'omosessualita' di Vendola, la cosa diventa secondo me molto grave, come ho gia' spiegato. Perche' presuppone che un omosessuale debba, in qualche modo, appartenere ad una categoria "protetta" in virtu' di una disabilita'. Io non la penso cosi'.
Al sig.Marattin sfugge completamente cosa significhi rivestire un ruolo istituzionale e in virtù di questo avere dei doveri verso tutte le cittadine e i cittadini della propria città e non solo.
Ignora che accettando la carica di assessore non ha aggiunto un mestiere al proprio curriculum vitae e uno stipendio al proprio 730, ma accettato tra l’altro di rinunciare a poter esprimere opinioni da trivio senza assumersene la responsabilità.
Non capisce che scusarsi a questo punto sarebbe il minimo per salvaguardare la propria dignità, e non per salvare una carica da cui dovrebbe dimettersi domattina stessa.
Non foss’altro che per liberare il sindaco di Ferrara e Mr Matteo Renzi dall’imbarazzo di dover spiegare perchè accettino di farsi rappresentare da un signore che parla di omosessualità in termini di disabilità, arrivando la dove nemmeno si spinsero un Borghezio o una Binetti.
Intanto le dimissioni le chiediamo noi, al sig.Marattin, e, se non vorrà darle, al sindaco e al PD, e lo facciamo pubblicamente.
Di assessori così potranno serenamente fare a meno Ferrara e l’Italia.