giovedì 13 ottobre 2011

Una mela indigesta

Ho letto qualche tempo fa, a Steve Jobs vivente, che Barack Obama aveva ordinato di riorganizzare su base Mac l'intero sistema informativo della Casa Bianca. 
La ragione della scelta era il tentativo di collegare ad un brand di successo l'immagine di un presidente in difficoltà.
Comprensibile e molto "americano". 
Oggi una federazione importante del mio partito ha diffuso un manifesto in morte di Steve Jobs, con il taglio a mela morsicata del simbolo di SEL. Critiche di ogni tipo e da ogni direzione, con intervento riparatore finale di Nichi Vendola. 
SEL riconosce il genio creativo di Jobs, ma la sua parte è quella del software libero. 
Potremmo aggiungere che stiamo con il lavoro sfruttato e che una multinazionale non è esattamente il nostro modello organizzativo. Oppure indugiare sui lati oscuri del caro estinto. 
Tanto per stroncare in modo inappellabile l'iniziativa romana di SEL. 
Che tuttavia centra forse involontariamente un punto.  
Steve Jobs non ha inventato nulla di rivoluzionario, ma é stato un maestro nel trasformare oggetti di uso comune in crogioli emozionali, in reliquie pop. 
Sbaglierò, ma l'impressione è che i milioni di i-devices che affollano il mondo appartengano alla sfera dei frammenti della vera croce che attraversavano il medio evo.  Condensati portatili del Mistero, dove il mistero è oggi quel futuro sempre inafferrabile.  
E se il prete teneva in tasca l'amuleto, e l'ateo ben nascosta addosso una croce, i partigiani del cambiamento del XXI secolo possono pur versare una lacrima per chi ha donato loro l'Iphone. Certo, magari in privato.

PS: ho scritto questo post non perché ritenga serio il tema, ma perché é la massima serietà concessa dal mio stato influenzale.

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