Dal 1994 l’Italia ha vissuto con
una prospettiva straniante, dove il focus era perennemente centrato su Silvio
Berlusconi.
Non ci era possibile cercare
altri punti di vista, soffermarci sui grandi rivolgimenti globali, praticare e
apprezzare il cambiamento, perché tutto iniziava, finiva e ritornava in una
sequenza ripetuta all’infinito di gesti, parole, messaggi identici.
Si poteva essere berlusconiani
quindi di centrodestra, antiberlusconiani quindi di centrosinistra, con la
flebile variante finale dei nonberlusconiani di centrodestra.
Sempre, comunque tutti segnati
dal riferimento al Cavaliere.
Quando lo schema ha iniziato a
funzionare la Cina
era un paese del terzo mondo e internet una parola per addetti ai lavori,
l’Euro un ipotesi e i cellulari un oggetto di lusso.
A molti italiani Berlusconi non è
mai piaciuto, ad altri a fasi alterne, altri non lo abbandoneranno mai.
Certo è che non ce ne siamo mai
stancati, se è vero che la partecipazione al voto degli italiani è sempre stata
elevata, e che ogni volta che si sono affacciati elettori stanchi del
bipolarismo questi sono sempre usciti dai ranghi del centrosinistra. Ci fu un
tale che una volta provò a dire che non si doveva parlare di Berlusconi, salvo
chiedere voti utili a sconfiggere l’innominato. Il risultato del suo sforzo fu
una vittoria senza precedenti per il principale esponente del campo avverso.
Berlusconi appunto.
Ora si è messo in un angolo, e
noi vaghiamo come marinai notturni privati improvvisamente della stella polare.
Guardiamo un pugno di uomini e
donne scesi da Marte a governarci e sembrano piacerci. Piuttosto anziani,
eleganti, sobri, dicono cose normali e minacciano misure impressionanti. Di
molti di loro non si conosceva il nome, non si erano mai visti in TV, qualcuno
ha un’ombra oscura. All’estero li conoscono, si fidano, grazie a loro ci
parlano di nuovo. Il Presidente della Repubblica li ha scelti, il Parlamento li
ha adottati. Non li avrebbe mai votati nessuno, ma sembrano il governo che avremmo
sempre desiderato. Secondo il numero due di quella che fu l’opposizione sono la
prova che i sogni possono avverarsi. Per qualcuno di quelli che ci governava
sono la morte della politica, per altri con un comune passato scudocrociato
sono la politica finalmente rinata, l’apogeo della democrazia. Un illustre
antiberlusconiano ha sostenuto che in fondo la tecnocrazia non sarebbe una
tragedia, ma anzi, forse, il compimento della Costituzione. Piacciono persino a
Grillo e ai nemici della Casta, come si addice a professori e banchieri.
Io mi guardo attorno, e piacciono
a sinistra. Voglio proprio dire a sinistra, quella vera, quella che il PD è
troppo moderato, che Vendola non poi il massimo, che bisognerebbe fare la
rivoluzione, che Berlusconi dovrebbe marcire in galera. E ho il sospetto che
poi, in fondo, tutto si riassuma in quell’invocazione delle manette, e che
quella sia l’eredità più velenosa del berlusconismo.
Averci lasciati disarmati e in
attesa plaudente e un po’ ansiosa davanti ad un governo che incarna tutto ciò a
cui ogni sinistra europea si oppone, con l’idea che l’azione di Monti sarà il
prosieguo naturale della festa di piazza del Quirinale.
No, mi spiace, ma non è il nostro
governo, come il governo Badoglio non fu il governo della Liberazione.
E prima ci renderemo conto che
una destra perbene è in questo momento altrettanto dannosa di una destra
cialtrona e populista meglio sarà per tutti.
Soprattutto per l’Europa e
l’Italia.