domenica 13 novembre 2011

E’ tornata Tina. E non è una buona notizia.

There Is No Alternative. Così Margaret Tatcher era solita troncare ogni discussione sulle scelte del suo governo, ammantandole del segno dell’ineluttabilità. Non c’è alternativa rischia di diventare la parola d’ordine della fase che si apre in Italia, dove la politica, offesa dal ventennio berlusconiano, è tentata ancora una volta dalla fuga. Ad aprire la strada all’inevitabile è la caduta di Berlusconi, su cui è bene spendere alcune parole di chiarezza. Il regime non crolla sotto i colpi della mobilitazione di piazza, sconfitto sul terreno dell’opposizione alla “macelleria sociale”, ma pugnalato da Pierferdinando Casini, la cui mano è armata dai mercati finanziari, che a Berlusconi con ragione non perdonano l’inerzia. Il governo cade in un punto che oscilla fra centro e destra, e Monti ne è quindi la naturale conseguenza. Per la sinistra è una sconfitta, pesante, che forse ancora non cogliamo fino in fondo, perché non si può chiamare in altro modo una fase che costringe il PD a sostenere in posizione subalterna un governo che nasce circondato dai commissari del FMI. Il PD potrebbe rifiutarsi, potrebbe invocare il voto e immediatamente ottenerlo. Non può farlo, ed è qui che TINA entra in scena al culmine del dramma. Al governo Monti, realmente, non c’è alternativa, perché lo spread a 575, i tassi sui BTP al 7,25% non sono un’invenzione, ma il punto prima del baratro, quello a cui in settembre si guardava con un’alzata di spalle per sostenere che il problema del debito era solo teorico. Chi faccia finta di non comprendere questo non è un difensore della povera gente, ma un cinico piazzista di voti, o un rivoluzionario da salotto, perché dimentica di dire che l’alternativa a Monti non sarebbe stato il voto domattina, ma essere accompagnati alle urne da due mesi di governo Berlusconi e di tempesta finanziaria. E soprattutto omette la più grande, tragica, imperdonabile colpa del regime di Arcore, quella di aver negato per anni la crisi e di averci trascinati lontano dal cuore politico dell’Europa, pericolosamente vicini alle periferie del mondo, dove la finanza detta legge e ordine, dove, non da oggi, non c’è appunto alternativa, dove la democrazia è comunque un guscio vuoto. E’ da quel punto che oggi dobbiamo toglierci al più presto, così come dobbiamo presto tornare alle urne. I due punti non sono in contraddizione. Dobbiamo recuperare subito credibilità, perché è la precondizione per recuperare la sovranità, attualmente di fatto in mano ai mercati, e poi rapidamente esercitarla, per non assumerne la perdita come naturale. La sinistra deve reggere Monti, perché altrimenti si sosterrebbe soltanto sull’aria rarefatta e irresponsabile della destra europea, per realizzare un programma di tre punti. Patrimoniale pesante, per liberare la finanza pubblica dall’oracolo dei mercati e la politica dall’alibi della speculazione. Riforma della legge elettorale, rispettando lo spirito del referendum in attesa, per restituire ai cittadini la possibilità di scegliere serenamente il proprio futuro. Cancellazione dei privilegi della politica, facendo bene attenzione a non scadere nella demagogia, e da qui nella riduzione di democrazia. La sinistra deve reggere Monti, e intanto chiarire immediatamente che il suo futuro prossimo non è Monti, ma una coalizione fondata sul Nuovo Ulivo e le primarie, per realizzare quel programma che nessun governo tecnico, di larghe intese o del Presidente potrà mai realizzare. Ricostruire il paese, per cambiarlo dalle fondamenta

1 commento:

  1. Salve, un piccolo commento:
    Tina è tornata? Ma quando mai se n'è andata? Quello che la Tatcher chiamava "assenza di alternativa" altro non è che la tecnocrazia... e la tecnocrazia non è mai andata in vacanza. Due esempi su tutti: il marchionnismo e gli attacchi speculativi, anche loro sono figli di Tina (della tecnocrazia). Lo sono inevitabilmente per almeno due caratteristiche: il trans-nazionalismo (entrambi non sono fenomeni che coinvolgono 1 Stato soltanto) e la funzionalità (entrambi i meccanismi "funzionano", è innegabile, perchè, a qualcuno, producono veramente MOLTA ricchezza).
    Un'altra cosa: anche una volta ottenute le elezioni (magari anche con una nuova e ottima legge elettorale), la sovranità continuerà ad essere dei mercati, non illudiamoci. Dipende da loro, infatti, la ricchezza dello Stato e non dal Governo, non da Berlusconi, nè da un (auspicabile) Vendola. Prima ci si accorge (e questo davvero pochi lo stanno facendo e temo nemmeno gli stessi Vendola e Bersani) che la crisi pone un problema economico che non è risolvibile tramite manovre economiche, bensì tramite riforme istituzionali transnazionali, meglio sarà per tutti. Perchè la crisi almeno nella piega presa nel 2010) è crisi del debito pubblico nella misura in cui è crisi dei rapporti tra lo Stato e la sua ricchezza, o meglio tra lo Stato e il mercato. Quei rapporti sono in crisi perchè il mercato si è totalmente slegato dalla dimensione dello Stato nazionale, acquisendo sempre più una valenza trans-nazionale (e di questo la Tatcher e Reagan dovrebbero saperne qualcosa).
    Per questo motivo la soluzione della crisi può essere solo istituzionale, ma istituzionale nel senso che l'Europa (e non so neanche se il livello continentale sia ancora sufficiente) deve avere gli strumenti per avere una propria politica (non solo economica) comunitaria nella stessa misura in cui ora gli Stati l'hanno entro i loro confini. Insomma, da questa crisi bisogna che le nazioni escano con MENO sovranità di prima... ma non perchè quella sovranità venga consegnata al mercato, ma perchè venga consegnata all'Europa per REGOLARLO.
    Nel frattempo gli Stati singoli possono anche creare efficaci misure tampone contro le perdite e la crisi, ma appunto saranno solo TAMPONE.
    La soluzione sono gli Stati Uniti d'Europa.

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