Di cosa sia il governo Monti si è
scritto molto in settimana, interpretando ciascuno i suoi desideri, più che la
realtà di un parlamento diviso fra riottosi ed entusiasti, oltre la
collocazione ufficiale dei partiti.
Si tratterà di capire nei
prossimi mesi quale dei due gruppi prevarrà, anche per comprendere in che
direzione verrà instradato il binario della Terza Repubblica.
In che direzione vorrebbero
vederlo gli elettori è già chiaro, quello di un rinnovato bipolarismo, che non
escluda le forze politiche organizzate, ma che abbia al centro il rapporto fra
territorio e rappresentanza.
Questo ci dice il milione
abbondante di firme raccolte sul referendum elettorale, che rappresenterà il
vero convitato di pietra al tavolo del governo.
A proposito di rappresentanza, mi
ha molto colpito in negativo la scelta di Bersani di caratterizzare il ruolo
del suo partito sul fronte della riduzione del numero dei parlamentari.
Non comprendo infatti la
necessità di concentrarsi su un tema di demagogia spicciola, che qualora
dovesse peraltro essere presa sul serio si tradurrebbe immediatamente in una
sottrazione di democrazia, quando dal PD ci si aspetta in questo quadro
tutt’altro, soprattutto di essere garante della sostenibilità sociale dell’esperimento
Monti.
Questo sarebbe invece il momento
di riconoscere che, se possiamo tirare comunque un sospiro di sollievo per la
cancellazione del governo del baratro, questo è dovuto anche alla tenuta delle
clausole di salvaguardia iscritte nella Costituzione, fra cui la designazione
parlamentare dell’esecutivo, il bicameralismo perfetto, l’elevato numero dei
parlamentari e il ruolo di garanzia della presidenza della Repubblica.
Il
complesso di questi elementi ha resistito persino alle nefandezze del porcellum
e della compravendita d’aula, portando infine alla sostituzione di Berlusconi.
Tralasciando l’elezione diretta
del premier, in che situazione saremmo stati con una sola camera di 315
parlamentari, di cui 189 di maggioranza e 126 di opposizione, tutti nominati
dalle segreterie di partito?
Ma ci vorrebbe un’altra legge
elettorale si dirà, e una diversa e migliore classe politica.
Certo, ma
potremmo sceglierne anche di peggiori, ed è per questo che i costituenti hanno
voluto camere ampie e dai poteri analoghi. Se si disperde il potere, aumenta
comunque il controllo.
Anche a questo si dovrebbe
pensare, quando si vuole strizzare l’occhio alle forme peggiori di
antipolitica, e soprattutto quando si guarda al proprio interesse immediato e
alla tentazione di risolvere difficoltà politiche con il taglio ulteriore
dell’accesso alla rappresentanza e quindi al ruolo parlamentare.
Da questo punto di vista si
potrebbe peraltro chiedere a Veltroni quanto abbia giovato a lui e al paese la
riuscita estromissione da questo parlamento di tante culture della sinistra.
A Bersani consiglierei quindi di
lasciar perdere improbabili ritocchi alla Costituzione, e di concentrarsi
piuttosto, se di parlamentari vuole occuparsi, dei loro grandi e piccoli
privilegi.
Suggerirei di eliminare lo
scandalo dei portaborse, retribuiti in nero da onorevoli che si trasformano in
caporali. Di eliminare la diaria, e di sostituirla con un ostello Montecitorio
per i fuori sede e buoni pasto da 9 euro, come per i pubblici dipendenti.
Di cancellare vitalizi e
assicurazioni sanitarie di cui non si comprende il motivo, vista l’eccellenza
della previdenza e sanità pubblica.
E avanti così, su una strada che
sono certo altri conoscono meglio di me.
Ma si lasci stare la Costituzione , scritta
da donne e uomini per cui era ancora possibile guardare alla rappresentanza
parlamentare come pietra angolare della democrazia, e non come merce di scambio
del potere. Io ripartirei da li.
PS: ho letto che fra 5 anni nella
Provincia di Ravenna il numero dei consiglieri scenderà a 12. Al di là del
dibattito sulle province, il mio condominio ha una rappresentanza più numerosa,
e nessuno si sogna di toccarla. Uno per scala è considerato un limite
invalicabile…
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