domenica 5 febbraio 2012

Se il PD fosse responsabile


La prima volta che posi la fatidica domanda ero un giovane consigliere comunale di Rifondazione, e il mio interlocutore un meno giovane dirigente locale dei DS. Governava Prodi e si andava verso la promessa delle 35 ore. Perché- chiesi, provocatoriamente- governate con noi, quando è evidente che è molto di più ciò che vi accomuna a Forza Italia? Al di la del fatto che Berlusconi è indigeribile..."
"Hai ragione. Noi dovremmo governare con FI, ma il problema è Berlusconi. Prima o poi succederà, perché voi non avete il senso della realtà". La risposta mi colpí come un pugno nello stomaco, perché, al di la di tutto e persino di ogni evidenza, non ho mai avuto dubbi sulla matrice di sinistra di quel partito, nè sulla necessità di unire le forze progressiste del paese. 
Eppure oggi è arrivato quel giorno, e forse per questo non mi sento affatto bene.
Il PD governa col PDL, con la graziosa cerniera di Casini, e il resto del mondo sembra improvvisamente precipitato nell'indistinto. 
Un indistinto ampio, certo, forse maggioritario nel paese, ma privo di ogni credibile aggancio con il futuro.
Doveva risanare il paese Monti, come se il risanamento in fase di crisi perdurante fosse una scelta neutra, priva di connotazioni politiche. 
Sta facendo ben di più e di peggio, provando a forzare nella gabbia del liberalismo classico un paese disorientato, per poi sigillarne le serrature con la disciplina di bilancio di marca tedesca.
Questo è il lascito di un governo a tempo che si pensa indeterminato, alla faccia della monotonia: la prolungata agonia dell'Italia, nella speranza che il dolore sia levatrice di rinascita.
Perché dico questo? Perché è evidente che siamo in una fase di squilibrio fra domanda e offerta, e che non sembra ci sia spazio per determinare sul piano globale una soluzione sul lato dell'offerta, che significherebbe una gigantesca operazione di redistribuzione della ricchezza e del reddito, attraverso una riduzione della produttività totale dei fattori, che gravi sul capitale e non sul lavoro. 
Perché altrimenti l'alternativa è quella in atto, non sostenibile sul piano sociale, ovvero un aumento della disoccupazione e una diminuzione del welfare. 
È quindi necessario intervenire sul piano della domanda, e questo non può avvenire per via degli investimenti privati, che sono in tutta evidenza in preda ad una crisi di fiducia, ma solo per il tramite della spesa pubblica e dei consumi privati. 
Ma se questi sono entrambi impediti da manovre economiche pro-cicliche, si entra nel tunnel senza uscita della recessione. 
Così ragionerebbe una persona normale, per poi adottare le soluzioni che preferisce. 
Ma se sei un liberale in crisi ideologica isterica, allora penserai che il mercato non può fallire, e se sembra fallire è solo per un eccesso di normazione che ne impedisce la spontanea autoregolazione, e quindi il recupero di uno stato di equilibrio, che coincide temporaneamente con il migliore dei mondi possibili. 
E allora proverai a tagliare le mitiche rendite di posizione, a liberalizzare i licenziamenti, a cancellare ogni tutela e soggettività del lavoro.
E’ questo che Monti vuole fare, perchè non riesce nemmeno a pensare nulla di diverso, ed è questo che, per salvare l’Italia, va impedito.
Non può farlo da sola la sinistra politica, priva di rappresentanza parlamentare, nè quella sociale, che questo governo considera alla stregua di un comitato di quartiere.
Spiace dirlo, ma tocca al PD, partito che più di ogni altro ama la parola responsabilità.
Deve scegliere se essere responsabile davanti alla destra europea, alla grande finanza, ai poteri industriali di questo paese, che sanno benissimo che Monti sbaglia, e non accetteranno mai di privarsi di rendite e politiche pubbliche di vantaggio, ma che ora accettano di buon grado il regalo inaspettato della distruzione del diritto del lavoro.
O se esserlo invece verso i disoccupati vecchi, giovani e prossimi, il tessuto produttivo reticolare del paese, i lavoratori, le lavoratrici e il loro diritto alla rappresentanza.
Deve scegliere se essere fedele al proprio passato e quindi proiettato al futuro o se cambiare definitivamente pelle e rinunciare alla propria spina dorsale.
Ogni giorno di più si impone il bivio strettissimo fra elezioni anticipate e resa definitiva ad una mortifera ideologia dell‘800.
Ricordando che quando la politica si da il nome di tecnica non nega se stessa, ma la democrazia, più di quanto possa fare il peggiore populismo.
E che l’impasto di democrazia formale, recessione economica e assenza gridata di alternative appicca incendi che generano mostri.
Dov’è allora la responsabilità?

1 commento:

  1. Condivido in pieno, a parte una cosa. Pensare che le decisioni politiche di Monti siano dettate dalla casualità, dall'errore, dall'ignoranza o dall'ottusità è un errore che pagheremo molto caro. Sarebbe come pensare che la politica sia dominata dalla casualità. La volontà politica di Monti, del neoliberismo in generale è ridistribuire la ricchezza verso l'alto, per cui cercare di interpretare le sue azioni secondo il paradigma "ma così saremo tutti più poveri" non ha senso, noi saremo più poveri, la classe media sarà decimata, sì, certo. E quindi? Solo perchè non riusciamo ad immaginarci un mondo infinitamente peggiore di questo non significa che non potremmo ritrovarci a viverlo, presto. Saremo noi a stare peggio,la cima della piramide starà benissimo. Come sempre. Anzi, di più. Monti non è un ottuso, ma solo un sicario economico mandato a fare il suo lavoro. Per quante battute faccia in televisione, mi dispiace per lui, ma come venditore era meglio B.

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