sabato 27 ottobre 2012

Berlusconi torna in scena, ma la trova già occupata


Appartengo alla schiera, suppongo piuttosto ridotta, di quanti in questo lungo ventennio si sono opposti a Berlusconi costantemente e completamente ignorando i suoi problemi giudiziari.
Non mi è mai interessata la ragione di fondo che l’avesse spinto in politica, nè l’andamento dei suoi processi.
Non ho mai apprezzato Travaglio e si suoi sodali e mi ha sempre preoccupato la degenerazione manettara di parte del popolo a cui sento di appartenere.
Di Berlusconi ho sempre temuto la tendenza a trasformare la politica in una grande fabbrica di consenso e il governo in uno strumento per mantenerlo, la promozione di un ceto politico inadeguato a funzioni diverse dall’applauso, l’intolleranza per la divisione e l’equilibrio dei poteri, la promozione di Bossi a statista e lo sdoganamento dello squallore post-fascista.
Gli imputo di avere una grande responsabilità nell’aver favorito lo sgretolamento sistematico di ogni base e struttura sociale nel nostro paese, alimentando un individualismo egotico che ci lascia oggi smarriti davanti alla necessità di recuperare un filo razionale di progetto collettivo.
Ha costruito una folla eterogenea di cinici e estasiati, allestito un governo come fosse un reality, determinato un’opposizione unita ancora e solo dalla sua persona.
Ci ha lasciato in eredità un paese spolpato dalle scorribande dei soliti noti e dei loro nuovi epigoni, dove tutto ha potuto diventare oggetto di scambio e di commercio, dove nell’assenza della sola ipotesi di una politica economica e industriale chi ha saputo e potuto farlo ha vinto il banco e abbandonato il tavolo, lasciando più poveri tutti gli altri.
Se ne è andato senza volerlo, ha minacciato il ritorno, ha lasciato definitivamente, salvo poi, per ironia o per calcolo, subire l’onta di una condanna che affogherà nel mare della prescrizione, ma che per il momento lo porta a riaffacciarsi sul palcoscenico del titanic.
La scena tuttavia non è più sua, ma della triplice eredità che ci ha lasciato.
Mario Monti e i suoi boiardi, generati dalla reazione all’incuria, al discredito e al collasso prossimo venturo, liberisti per procura e alfieri della post-democrazia tecnocratica, paladini della meritocrazia ereditaria per diritto dinastico.
Beppe Grillo, grande catalizzatore di ogni rancore individuale, tribuno della plebe e aspirante al ruolo sempre ambito di primo oppositore, nemico eletto di e da ogni potere costituito.
Matteo Renzi, il nuovo illusionista, l’uomo dalla battuta e dal sorriso giusto, buono per il palco e per il retro palco, che promette la rivoluzione senza i rivoluzionari e piace alla destra non perchè sia dei loro, ma perchè parla la lingua e indossa il personaggio del vecchio capo.
Monti, Grillo e Renzi, ovvero la coppia che fa sognare ogni potere conservatore italiano e il virus gentilmente donato alla sinistra.
Berlusconi non andrà in galera, ma se pure fosse non mi troverete fra quelli che festeggiano. 
Ho già altro di cui preoccuparmi.

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