lunedì 22 ottobre 2012

Due primarie in una


Il momento iniziale delle primarie del centrosinistra ha evidenziato un’unica certezza.
Le primarie sono due, con agende e obiettivi diversi, diverso seguito sui media e protagonisti che si intrecciano.
La prima vede la partecipazione solitaria di Nichi Vendola, si svolge fra teatri, piazze e palazzetti affollati, percorre le strade della crisi globale e del suo possibile superamento, della nuova centralità del lavoro come via di uscita necessaria dal nichilismo finanziario, della modernità che stringe welfare, diritti, green society.
La seconda trova ogni giorno uno spazio nelle prime pagine dei grandi giornali e nell’informazione televisiva, muove grandi analisi e attenzioni, coinvolge Renzi e Bersani ed ha come unico punto di contesa chi e come comanderà nel PD.
Lo scontro si snoda fra contesa sulle regole e sulle prossime candidature, sul giudizio sul passato molto più che su un’idea di futuro, con le prospettive del partito sopravanzanti e di molto quelle del paese.
Questo dualismo rischia di nuocere alle primarie, riducendo a sterile lotta di potere quello che dovrebbe e può di certo essere un appuntamento decisivo per far maturare e vivere una credibile proposta di governo per il cambiamento, di cui l’Italia ha senza dubbio un disperato bisogno.
Nessuno sa ancora nulla di ciò che Renzi immagina per l’Italia, se non se stesso premier e D’Alema fuori dal Parlamento, insieme a una rimescolata di idee miracolosamente scampate al naufragio dei campioni sinistri degli anni ’90, naturalmente inattuali, ma ancora buone per una copertina.
Di Bersani è nota la storia, la volontà di rientrare nel solco attuale delle socialdemocrazie europee, ma senza esagerare e con un occhio alla specificità italiana, l’attitudine a considerare se stesso al comando, perchè è così che deve essere.
In comune hanno la volontà dichiarata di chiudere con Monti, ma sottraendosi al dovere di trarre un bilancio sull’esperienza del governo tecnico, come se questo fosse stato un evento naturale, e non un elemento di svolta con cui è obbligatorio confrontarsi, pena l’ulteriore decadimento del dibattito pubblico italiano.
Rimane Vendola, di cui è assolutamente chiaro e noto il giudizio sull’esecutivo in carica, sulle sue misure, e su ciò che di queste bisognerà fare, che esprime un’identità e un programma nitidi e un’opzione non reticente sul centrosinistra come spazio possibile dell’alternativa, ma che proprio per questo nel contesto dato rischia paradossalmente di apparire l’unico candidato delle primarie sbagliate.
Il problema è che primarie indirizzate e condotte secondo l’agenda Renzi non sono solo inutili, ma dannose, perchè come la moneta cattiva scaccia quella buona, un dibattito sul nulla alimentato da conflitti intestini impedisce di mettere a fuoco il problema centrale, che è e dovrebbe rimanere il ruolo europeo e quindi italiano nella crisi economica globale.
Per questo il centrosinistra, come ipotesi autonoma e innovativa di governo, uscirà più debole da primarie che si ostinino a pestare acqua nel mortaio del rinnovamento estetico, delle strizzate d’occhio ad un’antipolitica autoassollutoria, degli scontri autoreferenziali sulle regole.
Per questo Bersani, come segretario del primo partito della coalizione e autorevole, aspirante candidato premier, deve dare rapidamente una sterzata, iniziando a parlare di programmi e soprattutto a privilegiare il confronto con chi, come Vendola, di questi parla da sempre, anzichè accettare il gioco di chi lo vuole costantemente impegnato nella marcatura del sindaco di Firenze.
Le primarie forse rimarranno due comunque, ma sarà almeno più chiaro in quale si gioca il destino del centrosinistra e forse un poco dell’Italia.

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