domenica 3 giugno 2012

Italia, Europa. La tragedia dell'arte


Succede che a furia di parlar d’altro si finisca per vivere come in un altro mondo, se non che questo non esiste, fino a che quello vero finisce per reclamare la propria durezza.
In Italia il dibattito pubblico sulla crisi finanziaria, rapidamente divenuta crisi economica, e oggi crisi dell’Euro, e quindi insieme finanziaria, economica e politica, langue e vive soltanto nei dialoghi iniziatici fra pezzi di ceto pseudo-dirigente.
Della crisi ognuno vive il suo. La perdita del lavoro o la sua totale assenza chi del lavoro vorrebbe vivere, il calo prolungato della domanda e la contrazione del credito gli imprenditori, l’insufficienza del welfare i giovani e gli anziani. 
L’unico filo conduttore sono i sacrifici imposti dallo Stato in tutte le sue articolazioni, che appaiono scalini di una salita senza fine immersa nella nebbia.
In sei mesi hanno sequestrato anni di vita alle lavoratrici e ai lavoratori con la riforma delle pensioni, manomesso l’articolo 18, tassato i beni primari.
Lo hanno fatto per rassicurare i mercati finanziari, mettere in sicurezza la finanza pubblica, rilanciare l’economia.
Lo spread è al punto di partenza, la disoccupazione ufficiale ha superato il 10%, siamo in recessione durevole e conclamata.
In realtà lo hanno fatto per convincere la Germania a scommettere ancora sull’Unione Europea, assecondando l’ideologia economica suicida e nazionalista del governo Merkel-Schauble, ispiratrice della famigerata lettera della BCE.
L’Europa non può esistere senza la Germania, la Germania non intende accollarsi nulla degli squilibri economici degli altri paesi, gli altri paesi provano a mitigarne la durezza con il cilicio e la contrizione pubblica.
La destra tedesca non cambia idea, ma pare anzi contagiare la sinistra, secondo tradizione dei crediti di guerra, anche perchè mesi di ricette economiche sbagliate aumentano gli squilibri anzichè ridurli.
La Grecia si prepara a staccare la spina e ad avviare una reazione a catena dagli esiti imprevedibili, ma dalle prime pedine già individuate in Spagna e Italia.
L’Euro esce di scena e con lui l’Unione Europea. 
Si torna agli stati nazionali mentre la tempesta finanziaria si fa di fuoco.
E’ solo fantascienza? 
Se lo credete, come in un romanzo nero, seguite l’odore dei soldi, e li vedrete fuggire come topi dalle navi minate, per rifugiarsi nei porti più sicuri. 
Seguite i capitali privati, l’andamento delle borse e dei derivati, dei CDS e dei titoli di Stato.
Per questo bisognerebbe prepararsi, parlare di questo ogni giorno, parlare di Stati Uniti d’Europa e di welfare continentale come unica, urgente alternativa al ritorno dei nazionalismi e delle secessioni di ritorno, ma anche prepararsi al peggio, esserne almeno consapevoli, anzichè perdersi in scommesse di calciatori, sottane di cardinali, esegesi e anatemi del Grillo.
Ricordarsi che è possibile improvvisare nella farsa, come da vent’anni è abituata a fare la politica italiana dei Grandi Partiti, ma che non è mai esistita la tragedia dell’arte, perchè abbiamo sempre saputo che il dramma richiede preparazione e consapevolezza, negli attori e negli spettatori.
Il primo atto, appunto, si è già perso nella nebbia. 
L’intervallo si è perso in chiacchiere e balletti. 
Il secondo è alle porte, e pare quello finale.

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