domenica 4 marzo 2012

Quel che penso, in due parole, della TAV


Ho sempre pensato che la Tav sia un’opera che nasce in uno di quegli assurdi incroci fra burocrazie ed interessi italiani e comunitari, dove ricerca spasmodica di finanziamenti, progettualità da tecnocrati, malintese interpretazioni dell’interesse nazionale si impastano in miscele indigeribili.
Chi abbia una memoria più lunga di cinque anni ricorderà che il corridoio 5 avrebbe dovuto unire Lisbona a Kiev senza passare dall’Italia. 
La ragione poteva sembrare piuttosto semplice. Fra l’Italia e il corridoio 5 ci sono le Alpi. 
Ma poichè questo avrebbe significato rinunciare ai molti miliardi di euro che l’Unione metteva a disposizione del progetto, nonchè, nell’opinione di alcuni, escludere il paese da ogni collegamento con l’Europa che conta, si ingaggiò una furibonda battaglia diplomatica per cambiare il tracciato, portandolo a Sud delle Alpi. 
Vinta la battaglia, persa la ragione.
Ciò che si era ottenuto era il diritto di investire una montagna di denaro pubblico in un’infrastruttura di dubbia utilità economica e funzionale, la cui realizzazione passava per lo scempio di un’antica valle glaciale, la Val Susa appunto.
Si potrebbe discutere a lungo se sia maggiore il livello di ottusità di una burocrazia europea che affida lo sviluppo di un continente al recupero di alcune ore nel trasporto merci fra Portogallo e Ucraina, o quello di una classe politica italiana che progetta linee ferroviarie ad alta velocità sulla direttrice nordovest-nordest, quando è del tutto incapace di garantire dignitosi collegamenti Nord-Sud.
Ma a questo punto sarebbe un dibattito fuorviante, perchè giorno dopo giorno, errore dopo errore, a essere pesantemente trascinata in gioco è la qualità della nostra democrazia.
Qualcuno dice che le istituzioni hanno il diritto di decidere e che il popolo ha il dovere di seguire, tantopiù che quelle istituzioni sono legittimate proprio dal voto di quel popolo. Vero, ma insufficiente, perchè omette il ruolo della politica, che è quello di convincere, al di là delle procedure formali della decisione.
La democrazia infatti non è il più efficiente dei sistemi politici possibili, perchè non è scindibile da sistemi decisionali lenti, aperti, complessi, ma sa essere il più efficace, perchè presuppone come punto di arrivo l’adozione di scelte dotate di consenso diffuso.
Chi vi intraveda invece una macchina ad alta velocità di costruzione di decisioni che si autoimpongono per la forza di maggioranze strettamente istituzionali, non solo non ha capito nulla, ma apre la strada a culture politiche profondamente antidemocratiche, anche se eventualmente poste al riparo del rito elettorale.
La militarizzazione di una valle non è la dura affermazione del diritto democratico di applicare la legge, contro la pretesa di minoranze violente di imporre con la forza la propria volontà.
E’ piuttosto la sconfitta della politica e delle sue classi dirigenti, perchè ne segnala la totale incapacità di trasmettere quello che essa ritiene essere il senso dell’interesse generale.
E’ questo che personalmente più mi preoccupa di questa partita, al di là del mio giudizio di merito sull’opera, che posso tranquillamente accettare come minoritario.
Il fatto che in 20 anni una classe politica assolutamente compatta nel suo giudizio sulla TAV non sia riuscita a convincere gli abitanti di un territorio dell’opportunità di un sacrificio, certamente profondo, in nome dell’interesse generale, e comunque della necessità di accettarlo, perchè costruito secondo gli strumenti della democrazia.
Non ci è riuscita, certificando ulteriormente la propria drammatica insussistenza, e oggi accetta di scendere sul piano dello scontro militare.
Per questo è tanto necessaria una moratoria immediata, un ritiro delle truppe che permetta di riportare tutti all’interno di un discorso razionale fra soggetti che devono riconoscersi reciprocamente.
Se non si vorrà fare, il rischio è che quel maledetto buco presto forerà la montagna, ma le scorie che ne usciranno non riguarderanno solo la valle, ma l’Italia intera.

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