giovedì 1 marzo 2012

Veltroni e il gioco dei quattro cantoni


Veltroni si è arrabbiato, perchè lui è di sinistra, anche se di destra non è un’offesa. 
E’ talmente di sinistra da averne epurato ogni riferimento anche solo lessicale dal partito che si vanta di aver fondato, da aver condotto la sua prima e unica campagna elettorale da leader con l’unico obiettivo di cancellare dalla rappresentanza le culture socialiste, comuniste ed ecologiste, da aver corteggiato il Berlusconi statista. 
Oggi, poichè è di sinistra, non solo appoggia il governo Monti, che in qualsiasi quadrante dell’universo sarebbe definito di destra, ma ne auspica la continuità, che, se la politica non è un’opinione, significa tra l’‘altro continuità di alleanza con quell’autentico baluardo di democrazia che è il PDL.
Per rendere più chiaro il messaggio che lui è di sinistra, rifiuta il taboo dell’articolo 18, che nell’attuale neo-lingua dei tecnici di governo significa aprire ai licenziamenti discrezionali, primo passo verso una società fondata su libertà, opportunità, diritti e innovazione.
Veltroni vuole essere riconosciuto come parte della sinistra, e forse un loden non l’ha mai indossato, ma non si rende conto che otterrebbe questo risultato con molta facilità se convocasse una conferenza stampa per annunciare il suo ritiro definitivo dalla politica, anzichè per riesumare pessime categorie come quella delle due sinistre.
Farebbe così finalmente corrispondere per una volta i fatti di oggi alle sue parole di ieri, anzichè candidarsi a protagonista dell’ennesima piroetta, di un nuovo tentativo di ridurre il futuro della sinistra italiana al futuro del PD, e il futuro di quel partito ad un nuovo giro del gioco dei quattro cantoni.
Perchè è questo che in definitiva è insopportabile in Veltroni e in molti altri protagonisti della sua generazione, che ha purtroppo prodotto sin troppi epigoni.
L’interpretazione della politica come gioco di ruolo e di posizionamento, per cui non conta mai nulla ciò che si è o ciò che si propone, e tantomeno il merito dei problemi, ma solo la propria collocazione nel dibattito interno, sempre con un occhio attento alle mosse del vicino, sempre reattivi e in movimento, per occupare il primo spazio disponibile e dichiararlo proprio.
Veltroni è stato a destra, al centro e a sinistra, liberale, socialista, comunista e mai-comunista, laicissimo e vicino ai cattolici, e lo stesso si può dire, a tempi inversi, di tanti suoi compagni di Partito.
Naturalmente sempre parlando al paese, ma con le orecchie attente solo ai commenti interni e ai movimenti di sottufficiali e truppe in schieramento.
Solo che oggi il gioco è finito, perchè in ballo ci sono il destino dell’Europa, del suo modello di welfare e di più generazioni, che hanno bisogno di una sinistra che sappia andare molto oltre le beghe di un partito, per quanto ricco di storia e di risorse.
Salvo decidere che un altro giro di valzer per se stessi e il proprio specchio valgano la vittoria per assenza di concorrenti dei Draghi e dei Monti.
Questo si, senza dubbio, sarebbe molto di destra. Con o senza il loden.

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