martedì 3 aprile 2012

Ravenna non vive di notte


Ravenna è una città che spesso sembra vivere di distanze, e fra queste una delle più larghe è quella fra il pensiero e la sua realizzazione, fra la realtà e la sua percezione, che comporta fra l’altro nel dibattito pubblico l’eterno ritorno dell’identico.
Eccoci quindi di nuovo qui a commentare la chiusura anticipata di un evento culturale a mezzo volante dei carabinieri, certamente sollecitata nell’azione da numerose telefonate di cittadini affezionati al loro riposo del venerdi sera, ore 22.
In parallelo, chiunque abbia un minimo di dimestichezza con il pensiero si chiede come questo sia possibile in una città che a furor di popolo, o per meglio dire della sua rappresentanza, si candida ad essere per un intero anno capitale europea della cultura nel 2019, vale a dire domani.
Lo stesso chiunque si chiede inoltre come questo si concili con la vocazione turistica del territorio, e allo stesso tempo con la volontà reiterata di rendere o mantenere vivo il centro storico.
E non riesce a darsi risposta.
Perchè non c’è nulla di illecito nel voler essere una città innamorata del proprio silenzio, sonnolenta, chiusa in un volontario coprifuoco. Solo non bisogna pensare che molti vorranno condividere con noi le nostre notti deserte, o lamentarsi di essere ancora ricordati e visitati soltanto per opere sopravvissute a due millenni.
Ricordandosi comunque che anche con le peggiori intenzioni, aspetto ancora di capire come sia possibile che alle ore 22 il mio diritto di socialità, esercitato a cavallo fra la pubblica via e un pubblico esercizio, debba essere meno tutelato dell’altrui diritto al riposo, e sulla base di quale principio le forze dell’ordine intervengano in presenza di regolamenti comunali che rendono  del tutto lecito l’evento in corso.
Questa non è una domanda oziosa, perchè ha a che fare con la trasparenza nel governo di un territorio, che è decisiva per indirizzare gli investimenti economici.
Qualsiasi operatore ha diritto di sapere anticipatamente e con chiarezza cosa sia possibile fare o non fare nella nostra città e con quali limiti, senza doverlo scoprire dai lampeggianti di una volante.
Dico l’ovvio, ma evidentemente è necessario ripeterlo.
Non credo inoltre sia automatico che il centro storico debba essere necessariamente il luogo vocato alla cita notturna, tanto più in una città che non ha una vera tradizione in tal senso.
Sono tuttavia altrettanto convinto che non possa esistere un territorio che punti sul turismo senza un’adeguata risposta alla richiesta di divertimento, prima di tutto dei suoi stessi residenti.
Occorre quindi che rapidamente e una volta per tutte chi ne ha la responsabilità politica chiarisca quale sia l’ambito della nostra città in cui si debba indirizzare chi desideri investire nel settore.
Io personalmente sono convinto da anni che debba essere la Darsena, proprio per la sua qualità di nuova area urbana, libera dalla stratificazione di aspettative conflittuali.
Capisco tuttavia che in molti non si vogliano arrendere all’idea di dichiarare il centro storico un quartiere dormitorio a vocazione diurna commerciale.
Bisognerebbe parlarne pubblicamente, in spazi larghi, senza pensare che la cosa possa ridursi ai “portatori di interesse”, residenti delle 4 vie interessate e frequentatori abituali di locali serali.
Credo infatti che la vera discriminante sulla candidatura della città a capitale europea della cultura passi di qui, molto più che da mille workshop e open call.
Vogliamo una città aperta 24 ore al giorno a flussi di creatività anche maldestri, profani, potenzialmente rumorosi, o pensiamo ad una fotografia di gruppo di ciò che si realizza nei luoghi convenzionali?
Vogliamo scommettere sul nostro desiderio di cambiamento, magari in direzioni inaspettate, o inseguire l’occasione di una nuova pennellata di cemento all’esistente?
Vogliamo infine candidarci ad essere l’unica capitale diurna della cultura, o affinare la nostra tolleranza, se non la nostra curiosità, spingendola oltre i confini delle nostre finestre e delle 10 PM?
Ecco, di questo dovremmo un po’ occuparci nei prossimi mesi.
Poi, o forse anche prima, toccherà interessarci anche dei nostri lidi.

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